10 agosto 2013 San Lorenzo

San Lorenzo 2013
10/08/2013
• Distanza 230.15 km
• Tempo 10:42:52
• Dislivello 3608 metri
E per il mio onomastico mi sono regalato uno di quei viaggi in bici da vero Randagio, uno di quei giri con tanta strada in salita da sfogarsi una volta per tutte girando per posti che non ho mai veduto sapendo di partire per un’impresa che, dopo lo stop bronchite, forse è troppo grande per me e che probabilmente non riuscirò a terminare. Colazione come al solito alle 5, pasta in bianco con tanto parmigiano, tazzone di orzo e biscotti, nella borsa da manubrio, un panino con pomodoro e porchetta tagliato in piccoli bocconi avvolti uno ad uno, qualche bustina di carboidrati liquidi e due borracce di Coca Cola. Imposto l’altimetria del Rox 9 a 102 metri e via si parte.
Si, parto che appena fa chiaro e dopo le prime pedalate ho l’impressione di aver dimenticato qualcosa, allungo la mano a controllare che sotto al sellino ci sia la borsa dei ferri, le gomme le ho gonfiate, ho avviato la registrazione del giro, documenti e soldi ci sono, telefonino pure, la immancabile macchina fotografica Optio T30, c’è anche lei con le batterie ben cariche perché oggi di foto ne voglio fare tante, è un giro di quelli da non dimenticare e voglio documentarlo bene anche fotograficamente, mi pare di avere tutto ma questo fastidio che mi ha portato a fare l’inventario per capire cosa ho dimenticato permane.
Via si parte, direzione Passo del Penice, la salita che anni fa mi fece conoscere Gianni, Celestino e Claudio, via verso Frugarolo, Mandrogne, San Giuliano Vecchio, la solita strada per raggiungere Tortona, proseguendo per Viguzzolo, Castellar Guidobono, Casalnoceto, la temperatura è fresca dopo i recenti temporali e nel momento in cui il sole spunta all’orizzonte, c’è u ulteriore calo termico che mi costringe ad indossare il giubbino antivento, Rivanazzano, a Godiasco, il bel paese che da qualche anno mi ha adottato ciclisticamente, scatto un paio di foto, da qualche km sono accodato ad un ragazzo della zona, Andrea, chiacchierando mi accompagna, anche lui è diretto sul Penice, ci raccontiamo cose come vecchi amici e pian piano Varzi si avvina. Un fastidioso vento contrario soffia costante e io ne approfitto per rimanere un po’ a ruota, dopo qualche km di chiacchiere incontriamo un gruppetto di ciclisti che si accodano e ancora più avanti dove la strada sale leggermente, un trattore con rimorchio ci da un passaggio per diversi Km, non va molto forte ma nessuno di noi ha premura e pedaliamo a ruota del trattore fino alle porte di Varzi, ogni tanto scatto una foto, attraversiamo la bella cittadina mentre i compagni occasionali cambiano strada ma subito davanti a noi un altro ciclista, restiamo ad un centinaio di metri dietro a lui, osservandolo, Andrea lo conosce di vista mi racconta che lo trova spesso in bici e che probabilmente è uno che come me fa tanta strada, ha uno specchietto retrovisore installato alla sinistra del manubrio e probabilmente ci osserva anche lui. Usciamo dal paese, svolta a sinistra ed inizia la lunga salita verso il Penice, circa 16 km. Il ciclista che ci precede ha una frequenza di pedalata molto alta probabilmente monta una compatta con 34-50, io come pure Andrea abbiamo ancora il nostro caro 39-53 e procediamo sempre ad un centinaio di metri dietro alla stessa velocità di “Froome”, così abbiamo soprannominato il nostro antagonista, noi acceleriamo e accelera anche lui noi rallentiamo e così fa lui, è chiaro che lo specchietto serve a tenere d’occhio gli inseguitori ma a poco a poco, si guadagna terreno, soprattutto nei tratti più duri, pare che Froome perda terreno. Così chiacchierando del più e del meno il passo Penice si avvicina, superiamo la prima fontana, quella piccola, più avanti c’è il fontanone con acqua freschissima e quando la raggiungiamo scopriamo che il nostro avanzato compagno è fermo a far rifornimento, salutiamo e si prosegue senza far sosta, subito veniamo raggiunti dal ragazzo che prima ci precedeva e si comincia a chiacchierare, lui, (Frome) percorre circa 25.000 km all’anno, roba da extraterrestri, saliamo gli ultimi km tutti assieme, senza forzare e chiacchierando siamo in cima, una piccola pausa, si mangia qualcosa, poi Andrea torna indietro di qualche km svoltando per Casa Matti, Romagnese, l’atro ragazzo prende la stessa strada ma scendendo verso Bobbio, io raggiungo Bobbio, dove oggi è mercato ed è pieno di gente, mangio ancora qualcosa e poi imbocco la Val Trebbia, continuo a fare foto il panorama è stupendo, in poco tempo raggiungo Marsaglia, qui devo decidere se proseguire in Val Trebbia e rientrare oppure metter in pratica quello che è l’obiettivo della giornata, una serie interminabile di salite, messe in fila una dietro all’altra, allungando la strada di circa 90 km e alzando il dislivello di 2300 metri, insomma facendo un brutto scherzo alla mie gambe che dopo la pausa per la bronchite non hanno più fatto giri lunghissimi ed impegnativi come questo. Decido, sono arrivato fin qui e non accorcio, lascio la SS45 e svolto a sinistra sulla SP50 in direzione di Ferriere, punto di inizio della salita al passo del Tomarlo che è obiettivo della giornata ma prima devo superare il Mercatello, 16 km, 1053 msm, 725 m di dislivello al 4.5 % la pendenza media, non duro ma se lo metti in fila con le altre che verranno dopo, fa la sua figura, salgo bene tranquillo ma bene, attraverso una serie di paesini caratteristici, tutti in pietra, bellissimi e scatto qualche foto. Salgo in un’ora e 17 minuti e poi giù a rotta di collo, la discesa è bella la strada non molto larga ma scendo bene abbastanza veloce, tanti ciclisti stanno salendo dal versante di Ferriere, un tornate dopo l’altro mi avvicino a valle pensando già alla prossima salita, scendo curva dopo curva e proprio dietro una curva, l’ostacolo, un ciclista che non capisco pe quale motivo sta salendo a zig zag e nel momento in cui lo vedo è sulla mia carreggiata, quasi perpendicolare alla strada, urlo, pochi attimi per capire cosa farà lui e cosa devo fare io, vedo già la mia bici contro la sua e i pezzi di carbonio sparpagliati sull’asfalto, fratture varie ed i soccorsi che non arrivano, poi, nessuno dietro di lui, spazio in abbondanza sulla mia sinistra e decido, allargo, sperando che lui rimanga li dov’è contromano. Un attimo qualche centesimo di secondo, un colpo di reni, il suo, che lo riporta quasi sul lato giusto della strada, siamo di nuovo in rotta di collisione, piego per non urtarlo ma perdo il controllo della bici che scivola sul fianco sinistro, penso adesso volo, si sto' volando ma sono subito a terra, ho finito il giro, un secondo e sono fermo, dopo aver sbattuto violentemente la natica sinistra sull’asfalto scivolando per circa un metro, ora sono nel morbido fosso laterale coricato sulla schiena a gambe avanti scivolo qualche metro fino a fermarmi, urlo. Sento la voce del ciclista che chiede se mi sono fatto male, urlo un disperato “non lo so” è con l’adrenalina a mille ed un colpo di reni che nemmeno un acrobata del circo potrebbe fare mi ritrovo dalla posizione coricata ad essere in piedi, nel fosso sotto gli occhi sbigottiti del mio soccorritore. È chiaro che non ho niente di rotto, inveisco contro quello che è stata la concausa della caduta, gli dico di stare fermo mentre cerca di rimetter su la catena della mia bici, lo faccio io agendo sul deragliatore. La bicicletta è a posto, solo uno spelo sul la fascia del manubrio, nulla di irreparabile, io invece ho una contusione all’interno del ginocchio sinistro, il gomito sempre il sinistro sanguinante e un dolore molto forte alla natica. Sono arrabbiato, me la prendo con il povero ciclista, gli dico in malo modo che per arrivare a casa devo ancora fare 150 km e che se non è in grado di fare le salite senza zigzagare dovrebbe rimanere a casa. Ho i pantaloncini del Pedale Godiaschese a brandelli ma non sanguino. Ringrazio in modo sarcastico il ciclista e riprendo la discesa in preda all’adrenalina che ancora per poco non mi farà sentire dolore. Sono a Ferriere, ho male dappertutto, 120 chilometri percorsi, penso che potrei rifare il Mercatello a ritroso e guadagnare la strada di casa sulla Val Trebbia ma la testa dura me lo impedisce, tengo duro il male passerà almeno spero. Davanti a me il passo dello Zovallo 16.5 km, passa dai 628 msm ai 1417 msm con un dislivello di 789 m alla pendenza media del 4.8 %, il tratto più duro all’inizio, salendo la colla di Gambaro con una punta del 9%. Salendo sempre dolorante raggiungo un gruppetto di ciclisti e chiacchierando si sale. Superato lo Zovallo si attraversa il valico anziché discendere il versante opposto,si costeggia in falsopiano le pendici orientali del monte Maggiorasca, salendo a quaota 1520 per poi scendere raggiungendo il passo del Tomarlo a quota 1485 m, sono in provincia di Parma almeno così dice un cartello stradale, stento a crederci, non ero mai arrivato così lontano, scatto la foto al cartello ma mi accorgo di un messaggio di errore che compare sul display, “memoria esaurita”, ecco cosa ho dimenticato, la scheda SD è rimasta infilata nella porta del PC a casa, niente foto e comunque di scarsa qualità, sono più arrabbiato per questo che per la caduta mi butto in picchiata giù verso il versante ligure, la val D’Aveto. Raggiungo Santo Stefano e scendo ancora fino ad incrociare il torrente che nomina la valle, qui la strada ricomincia moderatamente a salire a Cabanne, lascio sulla destra il bivio per Fontanigorda, anche se l’idea di salire il Passo del Fregarolo mi sfiora per un attimo e proseguo sulla strada per la più semplice Scoglina e poi Brabagelata, penultima salita del giorno, superata questa, dopo la discesa verso Montebruno sarà tutto più semplice. A Montebruno decido di chiamare casa, avevo già informato Ornella della caduta e ci eravamo accordati che in caso di bisogno avrei richiamato ora il bisogno c’è, la discesa di 8 km verso Montebruno mi ha raffreddato i muscoli ed ora sento dolore, al braccio, alla schiena, alla coscia, il ginocchio non fa male per ora. Proseguo, sono nuovamente sulla SS45 della val Trebbia, a spanne mi mancano una novantina di km a casa ma ora so che non li compirò tutti, mi vengono a prendere, l’eccitazione per i soccorsi in arrivo fanno salire l’adrenalina e pedalo veloce verso Torriglia, la strada sale a strappi con parecchi mangia e bevi raggiungo la lunga (1700metri) e pericolosa galleria che conduce a Laccio alla mia sinistra il bivio per Buffalora, ancora tre km di salita obbligatoria per avvicinarmi al punto di incontro con mia moglie (Casella). Finalmente scollina, attraverso la corta galleria della Buffalora e sono a Torriglia, ora è tutta discesa, Laccio, Fascia di Carlo, Montoggio, Casella, chiamo Ornella al telefono, sta entrando ora in Busalla, c’è traffico, proseguo oltre Casella ci incontriamo a Ponte di Savignone fine della corsa, scendo dalla bici e mi accorgo di avere i pantaloncini appiccicati al sangue della ferita, tra poco saremo a casa e si vedrà il da farsi. Penso che per quest’anno finirò di essere un randagio, forse, può darsi, la peso sempre così alla fine di una sconfitta ma poi leccate le ferite mi viene sempre in mente qualcos’altro e ci ricasco a volte va bene a volte no ma sono così, la bici è così.

Distance: 227,0 km
Elevation: +4987 / -4714 m

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