“Sotto un cielo celato” Sono fermo sulla SP154 Bosco Marengo - Novi, 8 chilometri per arrivare a casa e la gomma della ruota anteriore è a terra. La banchina stradale in questo punto è molto stretta ma per fortuna il ciglio erboso è abbastanza ampio per contenete me e la bicicletta; offrendo una discreta sicurezza dal passaggio del traffico veicolare. Mi sono reso conto che qualcosa non andava discendendo il cavalcavia dell’autostrada, ho proseguito ancora per poche centinaia di metri poi la gomma a terra; fermo a pochissimi chilometri da Casal Cermelli. Non ho una gran voglia di sostituire la camera e se a casa ci fosse qualcuno libero da impegni, mi farei subito recuperare senza dover sprecare un bomboletta; in oltre questa posizione anche se abbastanza sicura non mi piace. Il traffico è ossessivo e anche se sono in un tratto rettilineo ben visibile anche da lontano, certi mezzi sono guidati a velocità folli, tanto che in alcuni casi lo spostamento d’aria provocato dal loro passaggio, sposta gli attrezzi che sto usando per la riparazione. Mentre smonto la ruota anteriore, ripenso al giro intrapreso questa mattina, che avrebbe dovuto portarmi a Busalla, tra andata e ritorno, 110 km scarsi e quasi un migliaio di metri di dislivello senza nessuna salita importante, ma strada facendo mi sembravano troppi ed ho modificato il giro a sensazione, svoltando a caso ai vari incroci che mi si presentavano dinnanzi. Come sempre parto da casa, sono le nove passate da poco e contrariamente alle mie idee, che tendono ad evitare la SP185 in direzione Predosa, faccio “di necessità virtù”, rischiando la vita su questa strada trafficata e distrutta allo stesso tempo, e questa la prima dose di veleno che rende instabile la mia tolleranza verso il mondo intero . Giunto all’Iride indenne, decido di dileguarmi per la strada Vallemme, fradicia d’acqua e in qualche punto anche fangosa, ma completamente priva di traffico e con un asfalto quasi perfetto. L’attacco al solito Colle del Fasciolo, preso con la massima calma, mi avvicina alla strada Garaglia dove svolto a sinistra in direzione di Francavilla e proseguo verso Gavi Ligure. Gavi, un piccolo ed affascinante paese, con la strada principale sempre ingombra di auto che, per non investire i tanti pedoni che circolano anch’essi sulla strada priva di marciapiede, avanzano a passo d’uomo. Sto seguendo un SUV, che raggiunta la sua destinazione frena e svolta a destra senza la freccia, e ingurgito la seconda dose di veleno che aumenta la mia odierna intolleranza verso chi distrattamente, guida un’auto. Proseguo verso la piazza dove inizia la leggera salita della passeggiata di Gavi, ma devo mettere i piedi a terra perché l’autista di un furgone a passo lungo, -quindi quasi 6 metri di lunghezza-, decide di fare una inversione a U e blocca la strada. Terza dose velenosa, la più pesante sono veramente alterato, e lo è anche lui che sostiene di avere ragione, per cui ci scambiamo due “complimenti” e ognuno per la sua strada. Decido che invece di salire alla galleria della Crenna, è meglio fare Pratolungo, che permette di arrivare ad Arquata Scrivia tagliando via ancora un tratto di strada trafficata. Sono in via Serravalle, quando mi affianca un SUV nero, e appena mi supera, rallenta, mi stringe a destra per riuscire a svoltare a sinistra in modo comodo. Quasi mi tocca con lo specchietto, io urlo e gesticolo e l’autista che mi fa il classico cenno della mano a dita unite che significa “ma cosa vuoi?”. Ho una gran voglia di sferrargli un calcione contro la portiera, ma mi trattengo, ma questa quarta dose di veleno mi fa proprio imbestialire e per smaltire vado a cercare una salitella del posto, quella di Sardigliano. A seguire, Cassano Spinola, Villalvernia, girovago su strade secondarie tra Bettole, Pozzolo Formigaro, Novi Ligure; svoltando su strada Castelgazzo, -quella che porta ai due sottopassi ferroviari- una serie di cartelli comunicano visivamente che il sottopasso è chiuso per lavori, non mi va di tornare indietro e provo a vedere se una bicicletta riesce a passare. Ci riesco e vado dritto verso casa, ma ecco che ora sono qui con la gomma a terra, è arrivata la quinta dose di veleno. Smonto il copertoncino e come faccio sempre, lo rivolto e lo palpo internamente con le dita, e trovo il guaio; un minuscolo filo di acciaio, per dimensioni molto simile a quelli che intrecciati assieme, compongono i fili dei freni delle biciclette, dall’esterno non si vede, all’interno spunta appena, ci vorrebbe una pinza che non ho, rimedio con un piccolo cacciavite e a forza di provare, finalmente lo tiro fuori. Rimonto il copertone e a causa dei cerchi toubeless e le mie mani che doloranti, sono costretto a tallonare gli ultimi 20 cm del copertone con la leva. Gofio, tutto a posto, metto via i ferri, afferro la ruota per rimontarla sulla bici e la sesta dose di veleno è arrivata, ma è colpa mia che inavvertitamente ho pizzicato la camera con la leva, e la ruota è nuovamente sgonfia. Calma, ci riprovo, ho ancora una camera e due bombolette. Questa volta faccio attenzione, gonfio e la ruota rimane in pressione. Riparto versa casa, ma mi fermo quasi subito per una foto al cielo di oggi, con l’azzurro sbiadito, celato da alte e sottili nuvole biancastre, si tratta dei Cirrostarti che mi hanno tenuto compagnia per tutto il giro di oggi. Riparto e dopo un paio di chilometri mi supera l’auto di Google Street View, è la terza volta che la incontro in pochi giorni, alzo la mano sinistra in segno di saluto; l’autista se ne accorge e tocca lievemente e ripetutamente il freno ricambiando il saluto. Questa volta riesco a segnare la posizione sul Garmin, tra qualche settimana cercherò l’immagine sferica. Un lieto fine dopo aver ingoiato veleno per tutto il giro. Vado a rilassarmi nell’orto! SEMPREINSELLA!