“L’è li che m’aspetava” Ebbene si, l’ho fatta ancora una volta, la quarta, “Cabella-Cerendero-Casalbusone-Valico di San Fermo” ma temo che sarà l’ultima volta, non per la difficoltà della salita che è si dura ma con calma la si può fare, bensì per le condizioni della strada che oltre ad essere sporca per lo scarso transito automobilistico, in alcuni punti, presenta dei tratti dove al posto dell’asfalto ci sono voragini e oggi, cosa mai successa nelle precedenti ascese, ho dovuto scendere dalla bici per superare i punti critici. Il percorso è a mio avviso intrigante, offre un dislivello ed una difficoltà maggiore rispetto alla classica San Fermo via Dova Superiore. Il primo tratto di salita, presenta un buon fondo di asfalto con pendenze importanti, 3.5 km all’8.3% medio e punte del 14.2% ed è la strada più battuta dai ciclisti, qualcuno giunto alla chiesa abbandonata di San Ruffino -alla fine del primo tratto in salita- dove l’asfalto lascia il posto cemento, preferisce tornare indietro, altri più temerari si avventurano nei quasi 2 km di strada cementata che scende ripida fino a Gordena, e al bivio per Casalbusone, abbandonano l’idea di salire a Casalbusone, svoltano a sinistra e tornano in Val Borbera. Pochi, si avventurano nella salita a Casalbusone, 3 km circa, 8.3% medio e punte del 12.6, strada interessante ma devastata dal tempo e dalla mancanza di manutenzione, ma siano ancora nella provincia di Alessandria e questo da noi è normale. A Dova Superiore, si svolta a destra e un enorme buca che impegna tutta la larghezza della strada costringe al massimo impegno per non mettere il piede a terra, la fatica più grande ormai è fatta, mancano ancora 3 km alla vetta di San fermo, 7,1% medio e 9,3% la punta massima, è praticamente finita. È all’inizio di questo ultimo tratto che mi arriva addosso un uragano, che per non mettermi in difficoltà con un semplice “Ciao, io me ne vado e te stai li a faticare” sdrammatizza con un “ E’la strada giusta per san Fermo?”. Rispondo:- “Si, vai, vai.” Non mi stacca subito, lo tengo ad una decina di metri per un po’ ma poi mollo e lo lascio andare. Quest’ultimo tratto di strada a differenza dei precedenti è tutto al sole, presenta un unico tornate e poi va su dritto, quasi come uno sparo di fucile. Il mio obiettivo di oggi è quello di raggiungere la Big Bench n° 253 di Vobbia - San fermo, raggiungibile a piedi percorrendo circa 800 metri di sentiero, arrivo in cima e il mio sverniciatore, appoggiata la bici a lato della strada, sta fotografando il panorama. Saluto, ammiccando, che ogni anno è sempre più dura, conferma anche lui, non mi fermo, seguo la traccia del Garmin che dovrebbe portarmi alla grande panchina Giallo-Verde e mi infilo in un prato, sentieri non ne vedo e francamente di fare 800 metri a piedi all’andata e altrettanti al ritorno, non mi va. Abbandono il progetto, torno sulla strada e scendo verso Vobbia, su una strada che rispetto a quella del versante opposto, ha qualche piccolo difetto ma pare un’autostrada, d’altra parte siamo in Liguria. Val Vobbia, e vento contro, Isola del Cantone e taglio per il centro, Arquata Scrivia, Libarna e salgo alla galleria della Crenna, Gavi, mi piacerebbe salire a San Cristoforo evitando la stramaledetta strada in sfacelo di Francavilla Bisio ma le gambe le ho lasciate a San Fermo mi devo accontentare. Basaluzzo e salto dall’Iride a Predosa, una foto del vecchio trenino del Lido, che da tanto volevo fare e via verso casa con l’ormai indelebile e rompi balle vento da Nord-est in faccia. SEMPREINSELLA! P.S. segnalo che il ponte sul Borbera tra Torre Ratti e Castel Ratti è chiuso.